“Nella comunità ognuno conservi il posto che gli spetta secondo la data del suo ingresso o l’esemplarità della sua condotta o la volontà dell’abate. … Dunque i monaci si succedano nel bacio di pace e nella comunione, nell’intonare i salmi e nei posti in coro, secondo l’ordine stabilito dall’abate o a essi spettante. E in nessuna occasione l’età costituisca un criterio distintivo o pregiudizievole per stabilire i posti, perché Samuele e Daniele, quando erano ancora fanciulli, giudicarono gli anziani.”
San Benedetto (RB, 63)
comunità monastica di praglia
La Comunità Benedettina di Praglia è attualmente la più numerosa d’Italia (comunità maschile) e conta poco più di 40 membri.
La maggior parte dei monaci vive stabilmente a Praglia mentre alcuni di essi vivono nelle tre case dipendenti (San Giorgio Maggiore di Venezia, Monte della Madonna di Teolo, Sadhu Benedict Math in Bangladesh).
Attualmente l’Abate è il P.D. Stefano Visintin.

Il Monastero benedettino di San Giorgio Maggiore si trova sull’omonima isola sullo sfondo del panorama lagunare, davanti al bacino di San Marco, cuore di Venezia. Il precedente edificio del monastero benedettino, che risaliva al X secolo, venne distrutto da un terremoto nel 1223, mentre gli edifici attuali furono costruiti tra il XV e il XVII secolo e in gran parte ospitano oggi la Fondazione Giorgio Cini, attiva in vari campi della cultura. Parte del complesso è la celebre Basilica di Andrea Palladio la quale venne completata nel 1576, se si esclude la facciata, ultimata in seguito da Vincenzo Scamozzi. L’interno è arricchito da splendidi dipinti del Tintoretto (tra i quali l’Ultima cena), Palma il Giovane, Carpaccio. Gli alloggi monastici sono disposti intorno ai due chiostri. Vanno inoltre segnalati il primo refettorio, progettato da Palladio nel 1560, e la doppia scalinata, opera di Baldassare Longhena. Il campanile risale al 1791. Quando nel 982 l’Isola Memmia venne donata dal doge Tribuno Memmo ad un monaco benedettino, Giovanni Morosini, questi decise di costruire un monastero adiacente alla piccola chiesa già esistente. Grazie alle abbondanti donazioni il monastero crebbe con gli anni a tal punto da divenire uno dei maggiori centri europei in campo teologico, culturale, artistico. Tra il 1560 ed il 1562 furono eseguite opere grandiose: il refettorio di Andrea Palladio e l’immensa tela che doveva poi ornarlo: Le Nozze di Cana di Paolo Veronese. Fu tale l’opera del Palladio che ottenne di rimodernare anche la chiesa; più tardi progettò un notevole chiostro, detto poi “Palladiano”. Sotto la direzione di Baldassare Longhena si realizzarono nel 1643 lo scalone d’onore, nel 1652 la nuova facciata del monastero, nel 1657 il noviziato, nel 1677 l’infermeria, nel 1680 la foresteria. Fu un’inesauribile fabbrica di lavori, per anni venne sempre ammodernato. Alla caduta della Repubblica, nel 1797, il monastero fu privato delle opere più importanti, fra cui Le Nozze di Cana, che Napoleone fece portare a Parigi ed ora esposto al Museo del Louvre. Ora nel refettorio è possibile ammirarne una copia. L’importanza del monastero era ancora tale che nel 1800, durante l’occupazione di Roma da parte dell’esercito francese, vi si tenne il conclave in cui fu eletto papa Pio VII. I cardinali si riunivano nel “Coro notturno” (o “Coro invernale”), dove è tuttora esposta la notevole tela San Giorgio che uccide il drago di Vittore Carpaccio.
Nel 1806 il monastero fu soppresso dalle leggi napoleoniche, e molti dei beni rimasti andarono venduti o rubati. Solamente pochi monaci ottennero di restare per amministrare la basilica, mentre il monastero diventava deposito d’armi. Rimase un presidio militare anche sotto i governi dell’Impero austro-ungarico e del Regno d’Italia, andando incontro ad un drammatico deperimento.
L’impulso alla ricostituzione di una comunità a San Giorgio venne dal conte Vittorio Cini. Nel 1951 venne costituita la Fondazione Giorgio Cini che, come recita lo statuto, ha lo «scopo di promuovere il ripristino del complesso monumentale dell’isola di San Giorgio Maggiore e di favorire la costituzione e lo sviluppo nel territorio di essa di istituzioni educative, sociali, culturali ed artistiche, occorrendo in collaborazione con quelle cittadine già esistenti».
La Chiesa e alcuni ambienti ad essa adiacenti furono da allora affidati ai monaci benedettini dell’Abbazia di Praglia che la ripopolarono nel 1957. Dopo alcuni decenni di autonomia dal 2012 la Comunità di San Giorgio è canonicamente una casa dipendente dall’Abbazia di Praglia.

INFO
Orari di apertura
La Basilica è aperta tutti i giorni:
aprile – ottobre dalle 9:00 alle 19:00
novembre – marzo dalle 8:00 alle 18:00
Le visite sono sospese durante le funzioni liturgiche
Orario Sante Messe
Festive ore 11:00 (cantata in gregoriano)
Contatti
Indirizzo: Isola di S.Giorgio Maggiore, 30133, Venezia
Telefono: 041.5227827
E-mail: abbaziasangiorgio@gmail.com
Come arrivare
Vaporetto della linea Actv 2 con fermata San Giorgio in partenza da:
San Zaccaria (durata del viaggio di circa 3 minuti)
Ferrovia (durata del viaggio di circa 45 minuti)
Piazzale Roma (durata del viaggio di circa 40 minuti)
Tronchetto (durata del viaggio di circa 35 minuti)
(è anche possibile prendere il Vaporetto dell’Arte, che effettua un tour del Canal Grande a Venezia con fermata a San Giorgio)
l Monte della Madonna è noto principalmente per il Santuario mariano che sorge sulla vetta. Antica meta di pellegrinaggi e dimora di uomini alla ricerca di Dio nella preghiera e nella solitudine della vita eremitica. E’ sicuramente uno dei più antichi centri di devozione mariana della diocesi di Padova.
Il primo documento, che attesta l’esistenza della chiesa del Monte, risale all’11 ottobre del 1253; si tratta del testamento di un certo Wirixolo, ricco mercante padovano, che donò alcuni dei suoi beni alla “chiesa Santa Maria del Monte”.
Fu il Papa Giulio II, con la bolla del 15 giugno 1508, affidò ai monaci Benedettini di Praglia la chiesa del Monte.
In chiesa, al centro dell’abside, è posta la statua della Madonna, scolpita in pietra di Avesa (Verona). È di proporzioni leggermente inferiori al naturale. Non si sa con certezza chi ne sia l’autore. Pare che anticamente la Madonna tenesse con la mano destra, rifatta di recente, uno scettro regale. Un’ampia veste e un ricco manto pieghettato policromi, scendono dalle spalle e si ripiegano ai piedi.

L’attuale Monastero, progettato dall’Architetto L. Pavan, è stato costruito in due riprese: il primo lotto ebbe inizio nel settembre 1966 e si concluse nella primavera dell’anno successivo; il secondo corpo della fabbrica monastica venne realizzato negli anni 1972-73.
Il grande salone, destinato a riunioni, sistemato sotto il piano del piazzale del Santuario, è stato ultimato nel 1975.
Le adiacenze del Santuario sono state sistemate negli anni 1966-1975.
INFO
Orario Sante Messe
Feriale: 7:30
Festivo : 10:30
Come arrivare
In auto
Da MILANO: Autostrada A4 MILANO-VENEZIA entrare in A31 VALDASTICO e proseguire in direzione di LONGARE, uscita LONGARE-MONTEGALDELLA direzione MONTEGALDELLA-CERVARESE S. CROCE-MONTEMERLO-TEOLO
Da VENEZIA: Autostrada A4 MILANO-VENEZIA uscita PADOVA-OVEST, tangenziale SR 47 direzione PADOVA SUD-BOLOGNA, uscita n. 6 direzione TEOLO
Da BOLOGNA: Autostrada A13 PADOVA-BOLOGNA uscita PADOVA SUD, tangenziale SR 47 direzione PADOVA OVEST-MILANO, uscita n. 6 direzione TEOLO
In treno
Stazione di PADOVA e autobus per TEOLO, VO’, NOVENTA VICENTINA
Il monastero di S. Benedetto (in bengalese: Sadhu Benedict Moth) è un monastero benedettino situato a Maheswarapasha, in provincia di Khulna, nel sud-ovest del Bangladesh. I suoi inizi si rifanno al gennaio 1978, quando un giovane missionario italiano, Carlo Rubini, ed un giovane bengalese, Premanondo Karmaker, decisero di dar avvio alla vita monastica cristiana in Bangladesh.
Dopo dieci anni, trascorsi nell’approfondimento dell’esperienza monastica (sia cristiana che indù), ed in un suo possibile adattamento alla realtà del Paese, fu acquistato un appezzamento di terreno (a Maheswarapasha, che significa ‘Delizia di Dio’), e nel 1989 si diede inizio alla costruzione del piccolo monastero che nel 1990 veniva riconosciuto come monastero dipendente dell’Abbazia di Praglia (Italia).
Come ogni istituzione monastica benedettina il ritmo di vita del monastero segue l’antico detto latino Ora et labora (preghiera e lavoro).
l monastero cerca di offrire, in seno alla chiesa, un suo contributo religioso/culturale attraverso un proprio programma specifico.
IIl frutto più importante di tale impegno è stato la traduzione (dall’ebraico e dal greco) in lingua bengalese della Bibbia (la cosidetta ‘Jubilee Bible’), adottata e pubblicata dalla Conferenza Episcopale del Bangladesh nell’Anno Giubilare 2000; come pure la traduzione della Liturgia delle Ore, contenente un migliaio di testi patristici (pubblicata nel 2004); omelie patristiche per le Domeniche e le Feste liturgiche; musica per salmi e inni; commentari biblici e altri testi. Grazie a questi strumenti anche il lavoro tra i catecumeni ne ha risentito in modo molto positivo. Un’attenzione particolare viene posta al dialogo interreligioso in quanto il Bangladesh è un paese di religione prevalentemente islamica dove risiede anche una significativa minoranza di religione induista.


Essendo il Bangladesh un paese povero, l’attività umanitaria caritativa dei monaci è rivolta a quegli strati di società che per vari motivi non possono beneficiare di opportunità generali. (Va da sè che, in questo campo, Musulmani, Indù e Cristiani vengono tutti trattati allo stesso modo).
S. Benedetto vuole che i monaci non vivano di carità ma del frutto del proprio lavoro. Seguendo questa regola, oggi come oggi, mediante la vendita dei prodotti della nostra mini-azienda agricola (ortaggi, latte delle nostre mucche, concime e di tanto in tanto una mucca) la nostra comunità è autosufficiente. Ma non possiamo non vedere le necessità dei poveri che ci circondano, e con le nostre sole forze un aiuto massiccio è impensabile.
La Comunità monastica, accanto ai religiosi residenti, accoglie nel suo ambito anche un “Gruppo oblati secolari” formato attualmente da 32 oblati e da una ventina di “simpatizzanti” che, pur senza aver emesso l’oblazione, partecipano con regolarità alle attività formative del gruppo.
Secondo lo statuto, “l’oblato benedettino secolare è il cristiano, uomo o donna, laico o chierico che, vivendo nel proprio ambiente familiare e sociale, riconosce e accoglie il dono di Dio e la sua chiamata a servirlo… si offre a Dio con l’oblazione, ispirando il proprio cammino di fede ai valori della santa Regola e della tradizione spirituale monastica”.
“L’ammissione all’oblazione è fatta dall’abate, che in ciò esplicita il carisma del discernimento degli spiriti proprio del suo servizio.
Da parte del candidato si richiede il superamento della maggiore età, piena coscienza, congrua formazione e un adeguato periodo di prova, secondo le consuetudini della comunità monastica.
La scheda dell’oblazione viene custodita nell’archivio del monastero, ed è segno del vincolo che unisce l’oblato alla comunità monastica e, attraverso il monastero, a tutto l’Ordine Benedettino” (dallo Statuto degli oblati benedettini).
Attualmente, fanno parte del gruppo oblati del monastero di Praglia, sacerdoti, diaconi, docenti universitari, professionisti, pensionati, casalinghe…, nella maggioranza sposati, alcuni rimasti soli per la morte del coniuge, altri soli per scelta.
Il gruppo si incontra una volta al mese, solitamente di domenica mattina nel “tempo ordinario” e per un’intera giornata di ritiro spirituale in qualche occasione particolare.
Il programma ordinario degli incontri prevede: la preghiera di lodi con la Comunità monastica, una breve lectio sui testi della S. Messa del giorno, una riflessione su un argomento tratto dalla Regola di S. Benedetto, la conclusione con la partecipazione all’eucaristia con la Comunità.

Chi lo desidera può partecipare alla celebrazione dell’Eucaristia e della Liturgia delle ore anche durante la settimana. Prendendo accordi con l’assistente del gruppo o col monaco addetto all’accoglienza degli ospiti, può chiedere di vivere in monastero giornate intere e/o qualche fine settimana di ritiro, scandendo i vari momenti di permanenza secondo gli orari quotidiani dei monaci.
Per informazioni: