Storia
L’abbazia di Praglia sorse tra la fine del secolo XI e l’inizio del XII, alle pendici settentrionali dei Colli Euganei, lungo l’antica strada Montanara che da Padova conduceva ad Este. Il nome deriva dal toponimo Pratàlia o Pratàlea (località tenuta a prati) con cui è abitualmente menzionata nei documenti medievali. Si trattò di una fondazione patrocinata dalla potente famiglia vicentina dei conti Maltraversi di Montebello.
La comunità di Praglia fu affidata da papa Callisto II al monastero di San Benedetto di Polirone, eminente centro di osservanza cluniacense nei pressi di Mantova.
Solo con gli inizi del XIV secolo la comunità di Praglia, radicatasi più stabilmente nel territorio padovano, si rese del tutto autonoma eleggendo un Abate scelto tra le file dei propri monaci.
Con l’adesione alla riforma, nel 1448, Praglia recuperò la propria vocazione; crebbe sensibilmente il numero dei monaci e nuovo impulso fu dato alla cura pastorale delle parrocchie di Tramonte, Tencarola e Carbonara.
Il rinnovamento interessò anche l’edificio diventato ormai inadeguato, e nel 1460 prese così avvio l’importante progetto di ristrutturazione e ampliamento che comportò la demolizione del complesso medievale, di cui oggi rimane soltanto la torre campanaria. Con il completamento della nuova chiesa (1548) può dirsi conclusa la trasformazione architettonica durata circa un secolo. La realizzazione del decoro pittorico consono alla nuova dimora prosegui per tutto il Cinquecento e vide valenti artisti impegnati nel tradurre in immagini le scelte iconografiche di una committenza colta e raffinata.
L’Abbazia visse un periodo fiorente nei secoli successivi, fino alla soppressione napoleonica del 1810. Nel 1834, grazie all’appoggio del governo austriaco, i monaci rientrarono al monastero.
La ripresa della vita benedettina a Praglia ebbe però breve durata poiché il 4 giugno 1867 venne varata in Veneto la legge che sopprimeva nuovamente tutte le corporazioni religiose.
La comunità fu così sciolta una seconda volta. La maggior parte di essa trovò rifugio nel monastero di Daila (Istria), allora in territorio austriaco e a Praglia rimasero solo due o tre monaci, come custodi del monastero.
Il 26 aprile 1904 i primi due monaci fecero ritorno al monastero e il 23 ottobre seguente la vita dell’Abbazia poté riprendere regolarmente, continuando fino ai nostri giorni.
comunità monastica
La Comunità Benedettina di Praglia è attualmente la più numerosa d’Italia (comunità maschile) e conta circa 40 membri.
La maggior parte dei monaci vive stabilmente a Praglia mentre alcuni di essi vivono nelle tre case dipendenti (San Giorgio Maggiore di Venezia, Monte della Madonna di Teolo, Sadhu Benedict Math in Bangladesh).
Attualmente l’Abate è il P.D. Stefano Visintin.
giornata monastica
Ore 5:15 Mattutino – Lectio divina
Ore 7:30 Lodi
Ore 8:00 Eucarestia
Ore 9:15 Lavoro
Ore 12:30 Sesta
Ore 15:00 Nona
Ore 15:30 Lavoro
Ore 18:00 Vespri (18:30 alla Domenica con l’orario legale) – Lectio divina (il Giovedì i Vespri alle ore 18:45)
Ore 20:30 Compieta
Eucarestia domenicale
ore 11:00 (Messa conventuale solenne in canto gregoriano)
Ogni giorno, con l’aiuto di Dio, i monaci si dedicano all’Opus Dei e alla Lectio divina. Con l’Opus Dei (la celebrazione comunitaria della Liturgia delle Ore e dell’Eucaristia) essi riconoscono il primato di Dio e la perenne attualità della sua opera di salvezza.
Nella Lectio divina entrano in personale e feconda relazione con la Parola di Dio, facendola propria con l’ascolto, la meditazione e la preghiera.
Preghiera
Fin dalla sua fondazione, l’Abbazia di Praglia è abitata da una comunità di monaci che vivono nella sequela di Cristo sotto la guida del Vangelo, secondo il progetto di vita stabilito da San Benedetto da Norcia nella sua Regola (sec. VI).
Lavoro
Per San Benedetto il lavoro appartiene alla figura autentica del monaco.
Stabilendo uno stretto legame di solidarietà con ogni uomo, il lavoro permette ai monaci di guadagnarsi la vita, di provvedere alla manutenzione ordinaria del monastero e di venire in aiuto a varie situazioni di bisogno e povertà.
Lectio Divina
L’esercizio quotidiano della lectio è lo strumento con cui il monaco si allena a riconoscere la voce del Signore, come insegna il Prologo alla Regola: oggi, se udrete la sua voce non indurite il vostro cuore (Sal. 94).